|
Gallipoli
vanta la presenza di numerosissimi monumenti di elevato valore artistico, che
ogni anno contribuiscono, insieme al mare cristallino, ad incrementare
l’attività turistica. Attualmente, la parte vecchia di Gallipoli è collegata
alla parte più recente, tramite un ponte che fu edificato nel 1603, e
che costò
ben 150.000 ducati; col passare del tempo subì svariati rimaneggiamenti. La
cittadella vecchia è ubicata a quattordici metri sul livello del mare,
completamente circondata dalle mura di cinta in cui è inserito un imponente
Castello che, probabilmente, fu progettato da Francesco di Giorgio Martini da
Siena. Nell’arco dei secoli subì varie modifiche, fino a raggiungere le
sembianze di una vera e propria fortezza. Oltre al Castello, si possono ammirare
anche numerosi e bellissimi palazzi. Palazzo Tafuri fu costruito nel XVIII
secolo in stile rococò, attualmente è disabitato, ma in passato appartenne al
famoso pittore Giulio Pagliano. Palazzo Doxi, anch’esso in stile rococò, risale
al XVIII secolo per opera di Adriano Preite. Anche Palazzo del Seminario fu
ideato dal Preite, e fu edificato nel 1756 per volere del Vescovo Branconi.
Palazzo Ravenna, in stile neoclassico, fu ideato nel 1828 da Gregorio Consiglio.
Palazzo d’Ospina fu rimaneggiato nel XVIII secolo, e qui nacque Antonietta de
Pace e la sorella, Maria Rosa. Palazzo
Episcopale fu ristrutturato nel 1653 dal Vescovo Massa; al suo interno si può
ammirare la tela della Vergine col Bambino, opera di Gianserio Strafella. Molti
altri palazzi popolano il centro storico, come: Palazzo Zacheo, Palazzo Balsamo
(XVII secolo), Palazzo Arlotta (XIX secolo), Palazzo Pasca, Palazzo Muzio,
Palazzo Talamo (XVII secolo), Palazzo Venneri (XVII secolo), Palazzo Munittola,
Palazzo Romito, Palazzo De Tomasi, Palazzo Calò, ecc. Altre costruzioni tipiche
di Gallipoli sono le case a corte, abitazioni in cui le stanze venivano
edificate al primo piano, che si poteva raggiungere grazie ad una caratteristica
scala. Lo spazio sottostante costituiva la corte, punto d’incontro in cui si
svolgeva una vita in comune. Un’altra opera di inestimabile valore artistico è
la Fontana Ellenistica, considerata la più vecchia tra tutte le fontane
d’Italia. Essa presenta lo stemma degli Asburgo di Spagna e lo stemma civico del
paese, nonché meravigliose sculture che rappresentano tre racconti leggendari:
quello
di Salmace, Dirce e Biblide. Non si conosce con precisione il periodo in
cui fu costruita, ma fu rimaneggiata nel 1560 e nel 1765. I gallipolini ne vanno
molto fieri, tanto che la considerano, un po’ il simbolo del paese. Il centro
storico, poi, vanta anche la presenza di un bellissimo e suggestivo frantoio
ipogeo che, ogni anno, attira numerosi visitatori. Per quanto riguarda, invece,
gli edifici religiosi, il principale è, sicuramente, la Parrocchiale dedicata a
Santa Maria del Canneto. Risale al XVII secolo, è caratterizzata da tre navate,
bellissimi altari, un particolare soffitto nel quale è inglobata la
raffigurazione della Vergine, una statua di San Nicola ed una pregiata tela
settecentesca raffigurante
San Vito e San Nicola. In pieno centro storico si erge la Cattedrale in stile
barocco. Fu rimaneggiata nel 1629 per volere di un ricco medico dell’epoca,
Giacomo Lazari. Presenta una facciata riccamente decorata; l’interno è a tre
navate, e ciò che colpisce maggiormente l’attenzione del visitatore sono gli
splendidi dipinti che sembrano occupare quasi tutte le pareti. Diversi sono gli
artisti che, in stile barocco, hanno realizzato i capolavori presenti nella
Cattedrale; tra questi ricordiamo Nicola Malinconico da Napoli, Andrea Coppola e
Domenico Catalano. Tra le tele da loro dipinte ricordiamo: Il Martirio di
Sant’Agata, Le Anime del Purgatorio, La Trinità e La Vergine col Bambino. La
Chiesa di San Domenico del Rosario fu rimaneggiata nel 1700, in base al progetto
di Valerio Margoleo. L’interno è caratterizzato da un’unica navata ottagonale;
di notevole interesse è l’altare di San Domenico di Guzman, interamente di legno
indorato, opera di Giorgio Aver. La Chiesa della Purità fu costruita tra il 1659
e il 1666, presenta una facciata molto sobria, decorata da insolite composizioni
di piastrelle, sulle quali sono raffigurati San Francesco, San Giuseppe e la
Vergine. L’interno, a differenza della facciata è molto ricco, soprattutto di
splendidi affreschi. La Chiesa di Santa Chiara fu edificata verso la fine del
XVI secolo insieme al Monastero; quest’ultimo fu distrutto nel 1971. All’interno
della chiesa si possono ammirare i bellissimi altari contenenti le tele del
Catalano. La Chiesa del
Carmine fu riedificata su una preesistente struttura nel 1838, su progetto di
Vito Donato da Galatone. Al suo interno vi è il bellissimo dipinto, opera di
Giulio Pagliano, del Compianto sotto la Croce. La Chiesa di Santa Maria degli
Angeli fu costruita per volere della congregazione dei pescatori; presenta una
facciata molto semplice e quattro pregiate tele settecentesche, opere del
pittore Diego Bianchi. La Chiesa dell’Immacolata risale al XVIII secolo e
comprende interessanti dipinti, raffiguranti le vicende di Tobia, il cui autore
è il pittore leccese Tiso. La Chiesa di Santa Teresa d’Altavilla, insieme
all’attiguo Monastero delle Carmelitane, fu terminata nel 1690, per volere del
Vescovo spagnolo Perez Della Lastra. La Chiesa del Crocifisso risale al XVIII
secolo, fu progettata dal tenente d’artiglieria Carlo Multò, ed è in stile
barocco. La Chiesa di San Francesco d’Assisi, fu rimaneggiata nel 1736; è
notoriamente conosciuta come la Chiesa del Malladrone per via dell’omonima
statua, opera di Vespasiano Genuino. Questa scultura rappresenta la
crocifissione di Cristo, ma la particolarità consiste nel ghigno di dolore e di
disgusto del viso della statua. L’imponente facciata presenta un maestoso
portale, sormontato da un enorme arco. La Chiesa di San Francesco di Paola
risale al XVII secolo, presenta una sobria facciata, ma l’interno è ricco di
opere d’arte come tele settecentesche, pregiati dipinti, opera di Vespasiano
Genuino ed Oronzo
Miccoli, ed un seicentesco altare ligneo. Sul territorio che
circonda il centro abitato, vi sono poi delle antiche abbazie come quella di San
Salvatore di Gallipoli e di San Mauro. Non si sa con certezza a quale epoca
risalga la prima, ma da documenti storici risulta che nel 1347, l’Arcivescovo di Otranto
investì della carica di abate un certo Niceforo. I resti degli affreschi
presenti all’interno risalgono, probabilmente, al XIV secolo. Attualmente,
l’intera struttura versa in uno stato d’abbandono e degrado. Neanche
sull’Abbazia di San Mauro si hanno notizie certe, ma documenti storici attestano
che già nel 1149, venivano elargite delle donazioni al nucleo religioso che
occupava la struttura. Dagli stessi documenti si evince, anche, che già alla
fine del 1400 la struttura fosse disabitata. Per quanto riguarda, poi, l’Abbazia
di San Pietro dei Samari, essa fu rimaneggiata nel 1148 da Ugo di Lusingano e,
attualmente, è in pessime condizioni. Rimanendo ancora nei pressi della campagna
circostante, si possono ammirare le masserie fortificate, cioè massicce
costruzioni che, anticamente, venivano protette da torri, ponti levatoi, ecc.
Furono tutte edificate, più o meno, nello stesso periodo, tra la fine del 1400 e
gli inizi del 1500. Fra le più importanti ricordiamo: Masseria San Giorgio,
Masseria Itri, Masseria San Leonardo e Masseria San Mauro. Dirigendosi dal
centro storico verso il mare, invece, si può osservare la piccola Isola di
Sant’Andrea; si estende per circa cinquanta ettari, ed è situata a due metri sul
livello del mare. Sull’isola è presente un vecchio faro che funzionò dal 1866 al
1974. Gallipoli ha tre protettori: San Sebastiano, che viene festeggiato ogni
anno il 20 gennaio, Sant’Agata che viene festeggiata il 5 febbraio, ed infine
Santa Cristina, i cui festeggiamenti si tengono il 24 luglio.
La nomèa degli abitanti di Gallipoli è
“ciucci”, che sta per asini. Questo, però, non vuole essere un soprannome
spregiativo,
ma sta solo ad indicare l’enorme mole di lavoro che gran parte dei gallipolini
ha sempre sostenuto, a causa della presenza del porto. Infatti, dopo quello di
Napoli, il porto di Gallipoli era considerato il più importante del meridione.
Grazie ad esso si intensificarono anche i traffici commerciali riguardanti
soprattutto l’olio, che veniva prodotto nelle campagne circostanti e che era
molto apprezzato in tutta Europa. Quindi, la nomèa di “ciucci” sta ad indicare
il fatto che i gallipolini lavorano come asini. Un altro soprannome stravagante
che viene dato a questa gente è “ùttari”, che deriva da botti. Infatti, quando
si sviluppò il commercio dell’olio nacque il problema che, il prodotto, una
volta giunto nelle regioni fredde, si solidificava. Così, i gallipolini idearono
delle botti apposite, cioè “usa e getta”, che costavano poco e servivano solo
per il trasporto. In tal modo, una volta giunta a destinazione, la botte veniva
segata e l’olio veniva venduto a peso.
|