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Lo stemma civico di Scorrano è caratterizzato da uno sfondo
blu sul quale sono raffigurate tre querce
ed
un’aquila che vola alta nel cielo. Grazie ad importanti ritrovamenti
archeologici avvenuti nel territorio del paese, come i menhir "La Cupa", "La
Cupa 2", alcuni bronzi, tombe medievali, ecc., si può affermare che la presenza
dell’uomo risale alla fine del neolitico. Non ci sono, però, notizie storiche
certe riguardanti la nascita del centro, anche se la tesi secondo la quale si
sostiene l’origine romana del paese non è mai stata contraddetta. Si crede,
infatti, che il Centurione Emilio Scauro ottenne le terre che, attualmente,
fanno parte del territorio di Scorrano, come ricompensa per il coraggio
dimostrato sul campo di battaglia. Egli edificò la propria dimora e da quel
primo insediamento, si sviluppo un villaggio che prese il nome dal suo
fondatore. Per quanto riguarda, invece, l’età feudale, ebbe inizio dopo la
dominazione romana e greco-bizantina, con il normanno Tancredi che fece
diventare
il centro uno dei Casali della Contea di Lecce. Con l’avvento degli svevi,
Scorrano fu governato dai nobili Pietro e Angelo. Quest’ultimi furono impiccati
nel 1268 dagli angioini, che invasero l’intero Salento. Il feudo passò così,
prima a Pietro De Noha e poi, dopo essere appartenuto a Re Ladislao, fu venduto
ai nobili Tolomei. Nel 1464 il Principato di Taranto, e con esso anche Scorrano
che ne faceva parte, passò dagli Orsini Del Balzo a Ferrante d’Aragona. Nel XVI
secolo, il Principe Gonzaga di Molfetta vendette il feudo ad Ettore Brajda.
Subentrarono, nuovamente i Del Balzo, e conseguentemente si avvicendarono i
Maremonte, i Trani ed i Milazzi. Quest’ultimi, nel 1686, alienarono il centro,
per 22.000 ducati, ai Frisari. Essi lo detennero per oltre un secolo, fino al
1806, anno in cui decadde la feudalità. Tra i personaggi importanti nativi di
Scorrano, meritano di essere menzionati Andrea Manfredi, Giuseppe Cota, ed un
particolare cenno va riservato a Tommaso d’Alessandro. Egli nacque nel 1515 e
subito si distinse per una particolare propensione verso le discipline
matematiche. Entrò a far parte dell’ordine dei Monaci Barnabiti, e dedicò tutta
la sua esistenza esclusivamente alla preghiera ed allo studio. Morì nel 1590
dopo una grave e lunga malattia agli occhi.
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